beignet

s. m. inv. (vc. fr.) bignè, pasticcino tondo, cotto in forno e ripieno di crema, dolce o salata.
1891 [GRADITe 1892]
- Pellegrino ARTUSI, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Firenze, Landi, 1891, ricetta dei Pasticcini di pasta beignet.
Per beignet ‘pasticcino cotto in forno e ripieno di creme’, il GRADITe rinvia alla variante adattata, più antica (mai usata da Artusi e respinta da Fanfani e Arlìa nel Lessico dell’infima e corrotta italianità), bignè, forma che il DELIN registra con prima attestazione in Scipione Maffei 1747, riportando come riferimento un passo nel quale la parola francese designa però la nostra frittella, non il pasticcino cotto in forno e ripieno di creme: “Non mangerà frittelle, né presciutti, ma sempre sambòn, bignè” (DELIN, s.v. bignè; assente nel DELIN la forma non adattata beignet). Mi sembra dunque che in DELIN e GRADITe ci sia evidente discordanza tra la definizione del lemma (‘pasticcino cotto in forno e ripieno di creme’) e l’esempio usato per la datazione della parola. Per tutto il Settecento e ancora in dizionari domestici e in dizionari dialettali di metà Ottocento, le forme beignet e bignè erano equivalenti di frittella. Persino gli esempi tratti da Costantino Arlìa e dalla Piccola enciclopedia Hoepli riportati nel GDLI (Battaglia) per documentare rispettivamente bignè e beignet si riferiscono in modo esplicito a frittelle, creando anche in questo caso discordanza tra la definizione di ‘pasticcino cotto in forno e ripieno di creme’ e l’esempio riferito a ‘pastella fritta’.
Dizionari storici ed etimologici dovrebbero a mio avviso rilevare e distinguere i due significati della parola: quello più antico di frittella, settecentesco e in parte vivo ancora oggi in usi regionali (il GRADITe marca come regionale, centrale, in particolare romanesco, bignè per bombolone o krapfen, dolci fritti), e quello ormai d’uso più comune e diffuso di pasticcino cotto in forno e ripieno di creme. Per documentare quest’ultimo significato, la prima fonte di riferimento è proprio Pellegrino Artusi, che nel suo ricettario ha utilizzato beignet anche in questa accezione. Nel ricettario di Artusi, tuttavia, beignet ricorre anche nell'altro significato più antico di frittella, come si può vedere nella ricetta delle ciambelline, nella quale appunto il francesismo designa dolci a forma di ciambella, fritti e ricoperti di zucchero a velo (“A me queste ciambelline furono insegnate col nome di beignets; ma la loro forma mi suggerisce quello più proprio di ciambelline, e per tali ve le offro”).
---
Ludovica Maconi - UniUPO - 04/05/2021