coda

s. m. membro virile.
1301-50 [GDLI 1534 (P. Aretino)]
- Cecco Nuccoli, Rime, XIV pm. = 1301-50. (perug.), tenz. 8, 1.3, in Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di Mario Marti, Milano, Rizzoli, 1956, p. 780: "S'io potesse saper chi fu 'l villano, / che prese tanto ardir, per quel ch'i' oda, / ch'a monna Raggia mia trasse la coda, / farìel grattar con ambedue le mano...".
- Giovanni Boccaccio, Decameron, 1349-53, III, 1, 20: "le monache incominciarono a dargli noia e a metterlo in novelle, come spesse volte avviene che altri fa de' mutoli e dicevangli le più scellerate parole del mondo, non credendo da lui essere intese; e la badessa, che forse stimava che egli così senza coda come senza favella fosse, di ciò poco o niente si curava". Cfr. Puccini 2011.
Vai alla voce del TLIO
---
Scheda di redazione - TLIO - 23/03/2024