sorcino

s. m. e f. ammiratore e sostenitore del cantante Renato Zero, nome d’arte di Renato Fiacchini.
1980 [Treccani Neologismi-2008: 1987]
- Renato Zero (nome d’arte di Renato Fiacchini) nell’articolo di Renato Palazzi, Per l’ayatollah Zero show a Bologna con carri e cavalli, in “Corriere della sera”, 5 luglio 1980, p. 16: “[Zero] si accosta alle tribune, grida: ‘ciao, sorcini’, e gli risponde un’ovazione”.
Sorcini & zerofolli s.p.a. (solo per amore). I sorcini nascono in un giorno della prima estate del 1980, nella luce dorata della Versilia. La circostanza è nota, come più volte raccontato dallo stesso Renato Zero in varie interviste e apparizioni televisive, ed è vero, è tutto vero: nugoli di ragazzini sui motorini all’inseguimento del proprio idolo, lui che chiede di fare un giretto col motorino, loro che poi si allontanano, e l’artista che commenta “Sembrano tutti sorcini!”. Così (“Ciao sorcini!”) Zero saluta il suo pubblico di ammiratori durante il concerto allo stadio Dall’Ara di Bologna il 3 luglio 1980, prima data del tour Senza tregua, intrapreso dopo l’uscita del doppio album Tregua. E così prevalentemente li chiamerà la stampa, così si chiameranno i fan stessi, accogliendo il simpatico e scherzoso nomignolo: sorcino, ovvero ‘piccolo sorcio, topolino’, vezzeggiativo romanesco che nella variante sorcetto si trova anche nella pasoliniana Vita violenta (1959): “[Settimio] era piccolo e vispo come un sorcetto”. Nei primissimi tempi le due forme, sorcini e sorcetti, si alternano in un’instabilità lessicale assolutamente provvisoria e temporanea: Lasciate che i sorcetti vengano a me è il titolo del servizio di Serena Zambon su Star boy, inserto di “Boy music” (risalente alla stagione estiva della tournée, che dal 3 luglio 1980 si concluderà in un doppio concerto il 30 settembre e 1° ottobre). Alla domanda “Come ti è venuto in mente il termine sorcetti o sorcini con il quale ti rivolgi ai fan?”, il cantante risponde: “Perché a te non hanno dato l’idea di ‘sorcini’? Sono belli, bellissimi, fuori e dentro. Si agitano... sono l’immagine dell’energia e della vita. Sì, sono proprio… cinetici”; oppure sul quotidiano “La Stampa”, 7 gennaio 1981 (nell’articolo di Ivano Barbiero, Poca gente a Zerolandia): “Renato Zero nella consueta versione ‘superstar’ per la gioia di sorcini, sorcetti, sorcioni, zerofolli e zeromatti”. Ma appena dopo si affermerà la forma sorcino. Il vocabolo richiama una dimensione popolare e fiabesca: da quel momento, per analogia, Zero diventerà “il re dei sorcini”, una sorta di “pifferaio magico”, seguito da una moltitudine di fan incantati e adoranti.
Esistevano però già altri termini per definire gli ammiratori di Zero. Nel 1977, infatti, era esplosa in forma epidemica la Zerofobia (titolo dell’album e dello spettacolo dato in anteprima al Teatro delle Arti di Roma e portato in tournée nell’estate), simbolo di una nascente Zeromania (Sante Venturi, Zeromania in Romagna, “Il resto del Carlino”, 23 agosto 1977). Zerofobia, malattia "inventata, contagiata, sofferta” da Renato Zero, è la paura dello zero, dell’indefinito e dell’incerto, che diventa irresistibile attrazione e dipendenza irreversibile. Il mensile “Best”, a. II, n. 9, settembre 1978, pubblicizzando il dossier monografico dedicato al cantante (supplemento al n. 10 della rivista), si rivolge alle anime zerofobiche: “zeromani, zerofobi, zerofili, zerolandesi, zerofolli, zerologi, controzeri…”. Se Zerolandia (titolo dell’ellepì del 1978) è il territorio di Renato, “che cosa è la ‘Zeromania’ o meglio ancora la ‘Zerofollia’?” (Marina Morra, RetroZero: sesto potere, in “Nuovo sound”, a. VI, n. 6, giugno 1979): è l’espressione dell’anelito di appartenenza a un luogo ideale e reale, come evasione da una normalità spesso costringente, di un pubblico composto allora in larga parte da adolescenti, qualche volta definiti come zeromaniaci (P. M., Renato Zero, “Ho dimenticato il collasso mandando in delirio la folla”, “Il Monello”, a. XLIV, n. 45, 10 novembre 1978; Isabella De Paz, Amorevole guerriglia per Zero, “La Stampa”, 29 agosto 1979).
Negli anni, fino a oggi, per i fan del cantante sopravvivono i due appellativi zerofolli e sorcini, superata l’originaria distinzione anagrafica – gli uni, coloro che hanno condiviso gli esordi e i primi successi di Zero, a inizio carriera; e gli altri, la schiera dei sorcini, appellativo epocale per i giovani e giovanissimi fan, con il quale forse sono maggiormente riconosciuti e identificati i seguaci del cantante. Sorcini di un tempo, ormai cresciuti, nuovi e antichi zerofolli, adulti, famiglie, giovani e meno giovani: un pubblico eterogeneo che si è allargato nel tempo e che Zero, contaminando diverse generazioni, ha catturato nella propria dimensione musicale e di pensiero, in un continuo rinnovamento, pur rimanendo sempre sé stesso, con il medesimo incanto scenico, sfiorando le profondità e i sentimenti. L’uomo e la maschera: dagli anni fondanti di un artista provocatoriamente al di là delle convenzioni all’apoteosi; dalla crisi alla rinascita nazionalpopolare; dalla maturità alla celebrazione del mito Zero (con la mostra retrospettiva a Roma nel 2014-2015), fino ai festeggiamenti (rimandati a causa della pandemia) per i 70 anni al Circo Massimo. Un rapporto strettissimo, quello tra i fan e Zero, che insieme a lui hanno attraversato il tempo e i suoi cambiamenti; un artista che nel suo pubblico ha spesso trovato la mappa, la fragilità fatale e il cardine, la ragione primaria del suo talento. [Mariella Canzani - 30/09/2022]
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Mariella Canzani - Collaboratrice Accademia della Crusca - 25/11/2022