troppo

avv. molto, assai, senza implicare l'idea di eccesso ma con valore simile al superlativo assoluto.
1889 [GRADITe]
- Michele Siniscalchi, Idiotismi. Voci e costrutti errati di uso più comune nel Mezzogiorno d'Italia con un'Appendice ortografica, II ed., Trani, V. Vecchi Tipografo-Editore, 1889, s.v.: "Troppo, usato assolutamente in luogo di molto, non è di uso molto corretto: p. es. quanto mi piace quella signora, è troppo buona; cioè è molto buona, è tanto buona. Poiché, indicando troppo un eccesso, pare che non si approvi la sua bontà, nel quale senso si trova in quest'altro esempio: Filippo è troppo buono co' suoi figli".
Cfr. Sanzio Balducci, Retrodatazioni lessicali italiane, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2002, s.v.: prima attestazione, anche se nel 1889 era solo di ambito dialettale meridionale, dal quale probabilmente viene l'uso odierno. Va segnalato l'uso francese che riporta Dario Niccodemi, La morte in maschera, Milano, Casa editrice Vitagliano, 1920, p. 106: "– Non ostante Hugo e la sua strombettante pleiade siete rimasti classici. – C'est trop fort!", risposta che sottolinea una straordinaria affermazione.
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Scheda di redazione - 04/12/2021