ubiquo

agg. che ha la facoltà o il dono dell'ubiquità.
1871 [DELIN 1963, GRADIT 1946]
Sebbene la più antica attestazione di ubiquo risalga al XIX secolo, il termine ha avuto maggior diffusione a partire dal Novecento: documentato in testi filosofici (Z. Zini, P. Orano, L. Giusso), è stato poi impiegato da Gadda e, nella seconda metà del secolo scorso, si è diffuso anche nella prosa giornalistica. Più antichi di ubiquo, e di uso settoriale storico-religioso e teologico, sono i tecnicismi ubiquitario e ubiquista (con prime attestazioni in traduzioni francesi del Settecento). Cfr. L. Maconi, Gadda e la fortuna di ubiquo, in "Lingua e Stile", LI, fasc. 2, 2016, pp. 307-313. Attestazione di ubiquo come sostantivo in Gadda, Eros e Priapo, cfr. L. Matt, Invenzioni lessicali gaddiane. Glossarietto di "Eros e Priapo", in "I quaderni dell'Ingegnere. Testi e studi gaddiani", 3, 2004, pp. 97-182 (ubiquo a p. 178).
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Ludovica Maconi - UniUPO - 16/12/2018